Ripubblico qui il post del mio turno su Caffè Letterario.
Buona Lettura
Astrodome Serenity, deserto di Gila 6:00 AM, 30 gennaio 2019
Il sole sta sorgendo sopra le creste delle montagne che riparano l’ampia vallata, colorando di rosa il cielo che va schiarendo. Le ultime stelle sbiadiscono per effetto dell’illuminazione solare sempre più marcata.
La valle, incassata tra due rilievi alti mille metri, è solcata da una larga e lunga striscia grigia contornata dal giallo del deserto di Gila. Un agglomerato di edifici bianchi e bassi sorge lungo la pista sulla parte orientale.
In lontananza si scorge un immenso razzo che porta sul dorso qualcosa che assomiglia a un gabbiano con le ali distese.
La giornata promette bene: soleggiata dalla temperatura mite e senza una bava di vento. È l’ideale per la partenza.
Sulla pista enormi camion continuano a fare la spola tra la rampa di lancio e l’hangar dirimpetto agli edifici.
Nella breakfast room sei persone, tre uomini e tre donne, fanno la colazione a base di uova e bacon, formaggio e caffè o tè non zuccherato. I loro visi sono tesi al contrario dei giorni precedenti, quando chiassosi e sorridenti si preparavano per il nuovo giorno.
Dana, un’afroamericana, dalla carnagione scura, solleva il viso verso il grande schermo posto di fronte a lei. Le cifre scorrono all’indietro: cinque ore e 29 minuti, poi 28…
Non parla, sorseggia il tè verde. Non sopporta il caffè non zuccherato. La mascella è contratta, la mano trema in modo impercettibile. La tensione è visibile dal come osserva il grande schermo.
Di fianco a lei Pavlov, un russo biondo dagli occhi grigi, taglia l’omelette con formaggio con tratto deciso tenendo gli occhi sul piatto. Pare calmo ma dentro cova l’agitazione per l’imminente partenza. Svuota la mente da tutti i pensieri, si concentra sul piatto. Deve essere sereno, quando dopo il lancio deve prendere i comandi di Last Horizon per guidarla verso gli spazi interplanetari.
La missione prevede un viaggio di ben trentacinque anni fino all’ultima Thule nella fascia di Kuiper, che dista sei miliardi e mezzo di chilometri dalla terra oltre Plutone.
Samantha, un’italiana di ventisette anni, minuta dai capelli castano chiari tagliati a caschetto si alza. Ha terminato la colazione. Vuole sgranchirsi le gambe prima d’iniziare la vestizione. Ha deciso per il modello di Dava Newman, la ricercatrice del MIT, progettato appositamente per lei. Un modello futuribile, un vero azzardo vista la lunghezza dell’esplorazione spaziale, è la BioSuit, che aderisce come una seconda pelle sul suo corpo.
Gli altri hanno deciso per una tuta più convenzionale, MarkIII, che assomiglia a un veicolo spaziale, perché si entra e non s’indossa.
Un trillo di un campanello e la segnalazione sul grande schermo che mancano cinque ore alla partenza fa sobbalzare Lin, una cinesina dal corpo mascolino e dai capelli neri corvini.
James, l’australiano dal fisico atletico e dagli occhi azzurri, solleva lo sguardo verso l’alto, sbadiglia senza fare rumore mentre si alza dopo aver allontanato il piatto e le posate. Sembra annoiato ma invece è agitato internamente.
L’ultimo è Chioma, un imponente nigeriano della tribù igbò, ad avviarsi verso lo spogliatoio per raggiungere i compagni di viaggio, che alla spicciolata hanno cominciato il rito della vestizione. Un’attività che hanno provato e riprovato mille volte nelle settimane precedenti per prendere confidenza con un vestito che porteranno per molti anni.
Dopo essersi denudati passano sotto le docce detergenti per eliminare qualsiasi impurità dal loro corpo, prima d’indossare la tuta della partenza. È un’operazione lunga e complessa, che richiede un paio d’ore. Nel frattempo attivano le tecniche di rilassamento necessarie per affrontare la tensione prima del lancio all’interno del modulo dell’astronave e quello seguente alla partenza. È un momento delicato durante il quale ogni minimo errore si paga con la vita.
L’ingegnere responsabile delle attività carica nei quattro computer di bordo il software di gestione e backup. Controlla che tutto funzioni a dovere mentre i minuti scalano inesorabili. Viene ricontrollato tutto: carburante, dispositivi, sistemi di navigazione e di telecomunicazioni con meticolosa attenzione, mentre i sei astronauti prendono posto nei loro moduli allineati per due.
A sei minuti e trenta scatta il conto alla rovescia automatico.
La tensione è palpabile sia a bordo di Last Horizon che nella torre di controllo.
«10, 9, 8,…,3,2,1 e decollo» scandisce il responsabile del lancio, quando al termine i motori di Saturn X si accendono. Il vettore si stacca da terra e con lentezza si dirige verso il cielo. Il computer di bordo prende il controllo del razzo calcolando la giusta angolazione per iniziare la sua corsa verso l’ignoto.
Dopo quaranta minuti vettore e astronave sono pronti per dirigersi verso la luna, la prima tappa della loro missione.
«Tutto ok?» gracchia la voce della torre di controllo.
«Sì» risponde laconica Dana, il comandante della missione Ultima Thule.
E l’astronave vola verso il buio cosmico.
Ma sei un esperto di backup e astronavi e dimmelo lo mando a te il computer, scritto molto bene, semplice e chiaro
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per il computer faresti un magro affare. 😀
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Sono terrorizzata dall idea di lasciarlo al riparatore
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Non saprei come fare. Devi fidarti del riparatore
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Deve vedere il computer avanti a me non glielo lascio mica…….
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se trovi qualcuno disposto a lavorare a casa tua… Ma contiene segreti inconfessabili?
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Ho paura che mi perda altri dati e poi mi dica che non ne sa niente, mi hai scoperto sono Nikita
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Nikita… che bello. Se vuoi recuperare qualcosa devi osre
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Ha la moglie incinta che gli fa da front man, ogni volta cerco di spiegarle cosa mi serve e ogni volta lei si strofina il pancione guardando per terra e mentendo sul fatto di aver capito, fatto sta che lui non mi ha ancora fissato un appuntamento per vedere il computer, due minuti lo vedi e mi dici se ci sta o no il back up con i dati. Se una sonda riesce a fotografare la faccia di suo figlio nella pancia lui potrebbe anche riuscire a vedere il mio po’ in due minuti no ? Credo proprio che dovrò aspettare che lei partorisca ma se ho capito come ragiona lui chiuderà il negozio, un back up devo partorire mi serve un ostetrica.
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comportamento strano. O lui non è in grado, allora lo dica chiaramente, oppure ha tanto lavoro, meno complicato di quello che proponi, che può rinunciare a cuor leggero.
La moglie incinta? E’ un falso problema.
Per fare il lavoro che richiedi servono le attrezzature giusta e un minimo di capacità tecniche. Le capacità forse le acri ma il resto, più importante, manca.
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Sereno inizio di nuova settimana, Gian Paolo !!! 🙂 🙂 🙂
Alioșa ! 🙂
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ciao
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Il buio cosmico è il fascino dell’ignoto…
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certamente
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Allora bazzichi anche in ambiti fantescientifici… 🙂
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ci provo. Mi piace variare
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Fai bene. Esplorare nuove realtà è sempre affascinante 😉
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certamente. Affascinante e istruttivo
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Sempre speciali gli spunti contenuti nelle tue pagine
Un caro saluto,silvia
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Grazie, Silvia.
Ricambio il caro saluto
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